… E SE (a nostra insaputa) IL TERRORISTI FOSSIMO NOI STESSI?

5 Novembre 2021, in Food, food defense, Pesticidi, Sicurezza Alimentare

Siamo nell’era del terrorismo e del covid-19 ed i giornali sono pieni di articoli sul greenpass e di cronache inerenti al terrorismo ma anche il food vive il suo momento di paura … la presenza di sostanze tossiche non “visibili”, come i pesticidi, ne è un esempio!

Quante volte abbiamo letto articoli dove si ipotizzavano possibili scenari di pericolo derivanti da cibi avvelenati? Alimenti che i terroristi stavano pensando di immettere nei nostri mercati per creare il panico nella nostra società. La mia opinione è che il terrorismo non è solo in mano ai terroristi ma anche alla errata informazione?.

Ogni giorno le aziende alimentari ricevono continue informazioni di ritiri dal mercato per questa e quella sostanza tossica, allergenica, non dichiarata che i nostri cibi potrebbero contenere. Comunicazioni che mettono il panico alla catena del food perché in ballo ci sono brands, fatturati, posti di lavoro che possono essere annientati dalle testate scandalistiche pronte a creare notizia.

Entrando nel vivo della questione tutti gli addetti ai lavori del food conoscono i ritiri dal mercato causati dalla presenza dell’ETO (ossido di etilene), è da circa un anno che si susseguono ritiri dal mercato alimentare per il ritrovamento di questo p.a. (principio attivo) nei prodotti derivanti dall’India e non solo. Sembra però che questa volta le associazioni di categoria Europee non abbiano voglia di rimanere “alla finestra”, quindi hanno formato una coalizione informale volta ad approfondire le problematiche connesse all’allerta sull’ossido di etilene (EtO) e ad intervenire congiuntamente sulla Commissione europea.

Si ricorda che l’ossido di etilene è una sostanza vietata in Europa come componente di prodotti fitosanitari poiché classificata come cancerogena genotossica, ma autorizzata nei biocidi. Tale sostanza, dopo la prima allerta RASFF lanciata a settembre 2020 dal Belgio per una partita di semi di sesamo contaminata di origine indiana, è stata oggetto di più di 600 allerte che hanno riguardato anche altre matrici tra cui erbe e spezie, gomma di xanthan, farina di semi di carrube, gomma di guar, caffè e tè (India).

Pertanto, visto l’impatto che l’incidente EtO sta avendo su ogni settore, i membri della coalizione hanno concordato l’elaborazione di un dossier da portare all’attenzione della Commissione europea per evidenziare la necessità di una revisione della legislazione vigente.

A tal proposito merita attenzione lo studio che l’istituto tedesco BFR, (Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio) ha svolto una valutazione del rischio correlata alla presenza dei residui di ossido di etilene nei semi di sesamo. Lo studio è stato nominato “Health risk assessment of ethylene oxide residues in sesame seeds” ed è stato pubblicato nel settembre 2021

 I dati analizzati hanno mostrato che nei campioni di sesamo valutati l’ossido di etilene è stato quasi completamente convertito in 2-cloroetanolo (2-CE), sostanza che necessita di ulteriori approfondimenti per valutarne la genotossicità e la cancerogenicità. Dallo studio è emerso che i valori indicativi di esposizione al residuo di ossido di etilene calcolati per i bambini e adulti non vengono superati da nessuna delle due categorie.

Così riporta lo studio originale: “For children consuming a quantity of 23.4 g of sesame per day (equivalent to the ‘large portion’ determined in consumption studies), the intake of low concern was exceeded even with an ethylene oxide residue of just 0.05 mg/kg. For adults, the intake for a large portion of 39.6 g per day was below the intake of low concern. However, if one considers average consumption over a prolonged period of time, this level is exceeded neither by children nor by adults.

E l’istituto conclude con: “If one considers average consumption over a prolonged period of time, the intake of low concern is exceeded neither in children (0.0005 µg/kg body weight/day) nor in adults (0.00001 µg/kg body weight/day) if compliance with the maximum residue level of 0.05 mg/kg is assured”.

Quindi se si considera il consumo medio per un periodo di tempo prolungato, l’assunzione di bassa preoccupazione non viene superata né nei bambini né negli adulti, se è garantito il rispetto del livello massimo di residui di 0,05 mg/kg.

Eccoci, quindi, di fronte all’ennesimo MIO PERSONALE dubbio: “È giusto tutto questo allarmismo? Il ritiro dal mercato delle merci era giustificato o è stato fatto in maniera frettolosa?”. Chi ha ritirato i prodotti dal mercato lo ha fatto per tutelare la salute dei consumatori, ma ha dovuto perdere parecchia energia e denaro per svolgere questo lavoro ed alcune realtà produttive sono state messe “in ginocchio”.

Come ultima riflessione posso vedere questo evento anche da un altro punto di vista e riflettere se siamo sicuri che il ritiro di un prodotto dal mercato sia una brutta pubblicità per un produttore di alimenti. Penso proprio di no anzi il ritiro dal mercato di un prodotto dimostra serietà ed attenzione al consumatore dell’azienda produttrice, purtroppo però questi ritiri sono imposti e non volontari.

… ma questo è un altro discorso!

Info sull'autore: Giovanni Buffatti

Tecnologo alimentare, laureato in Agraria – Scienza delle Preparazioni Alimentari nel 1996 all’Università degli Studi di Milano. È iscritto all’Ordine dei Tecnologi Alimentari del Veneto dal 2000. Specializzato nelle ricerca e sviluppo (R&D), gestione HACCP, Assicurazione Qualità, implementazione norme igieniche e standard volontari del settore alimentare. Ha esperienza di sviluppo sul campo degli standard alimentari IFS, GSFS BRC, ISO22005 (filiera dei vegetali) in varie realtà industriali (salse acide, conserve vegetali e legumi e cereali secchi), di ricerca e sviluppo (pasta fresca e ripiena e nelle salse acide) e di produzione (Salumi DOP, prodotti da forno, ittico).

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